domenica 9 dicembre 2007

Antonio Franchini - acqua,sudore,ghiaccio


Fra i tre racconti che compongono il libro, il primo mi sembra il migliore. A differenza degli altri due, Francesco Esente vi prende la parola in prima persona.
Prima canoista poi pugile e, nell'ultimo racconto, sciatore, facendo onore al suo cognome, si sceglie posizioni secondarie ed equidistanti dai veri protagonisti dei suoi tre racconti.
E’ proprio grazie a questo tipo di posizione da osservatore che Francesco (da considerarsi a tutti gli effetti alter ego di Franchini) non perde nessun dettaglio che potrà tornargli utile nell'arte di rendere i fatti in forma narrativa.
Perché ho scelto un libro a racconti?
Semplice: mi piace come scrive Franchini, mi è piaciuta l’idea di toccare e unire con un libro tre discipline così differenti.

E’ bello! Punto e basta.

In tutti e tre i racconti, ho travato leggermente ostico prendere il “ritmo di lettura” giusto, ma una volta trovato……le ore passano veloci e piacevoli come le rapide di un torrente, protagoniste del primo racconto.

Visto e considerato che lo sforzo di leggere troppo può causare seri danni al sistema nervoso centrale, allego alla recensione solo le prime pagine del primo racconto.
Anche se poche righe, chi leggerà riuscirà a farsi una chiara e vivida idea dello sfondo su cui si svolgerà la storia, fatto di fiumi selvaggi e discese mozzafiato in canoa.

Per ovvie ragioni ometto gli altri due racconti (a mio dire comunque molto belli), ma nell’ipotesi vi potessero interessare, sarò ben lieto di parlarvene e presentarveli.

………………
Forse quest'anno non ho coraggio.
C'è ancora una rapida, detta «del Camaleonte», che una volta era impegnativa, ma il fiume cambia, in meglio o in peggio, come nell'uomo una passione si estingue e un' altra ne monta, così adesso sul Camaleonte l'acqua non si biforca più in due lingue, una ingannevole, che andava a spegnersi in mezzo ai sassi, e l'altra giusta ma implacabile, perché sbatteva in controroccia, e allora era da prendere lungo il filone centrale della corrente con assoluta esattezza, o la canoa si sarebbe incastrata sotto la nicchia dell' argine, assicurando un bagno nell' acqua gelata.In questo punto, l'ultima piena ha spianato il letto del fiume. Adesso il Camaleonte è una semplice curva, con un salto.Se non te ne accorgi in tempo, e se l'acqua è tanta, alla peggio hai un sobbalzo, un istante in cui ti manca il respiro e tutta la schiuma ti ribolle intorno, ma è solo un attimo e già ne sei fuori.Puoi passare dove preferisci, a destra, al centro, a sinistra, al massimo raschi il fondo dell'imbarcazione sulle pietre, ma la pancia della canoa t fatta per coprirsi di cicatrici.Invece, più a valle, la rapida detta «la Sfinge», una volta era facile e adesso fa paura, ci si rovesciano anche i gommoni .«Anche i raft danno il giro» dicono in gergo.L'anno scorso se ne sono capovolti dieci in un giorno. Fu il pomeriggio che successe anche a noi.La fine di maggio e pioveva da tre giorni; l'acqua del laghetto era verde cupo e andava a lambire assai in alto le rocce lisce di muschio, ma io allora avevo scarso occhio per i livelli del fiume, e non seppi valutare quel che avremmo trovato più a valle.Anche la Sfinge è una rapida in curva, ma l'onda che vi cade dall' alto è diventata pesante come uno schiaffo, perché qui l'ultima piena ha scavato, ha generato un buco. E non è ancora niente, perché la rapida vera comincia solo più avanti, con un cieco galoppo di cavalloni lungo una cinquantina di metri, che rovescia una spessa lingua d'acqua in mezzo a due massi. Il loro profilo a qualcuno ha ricordato la pietra che formulava enigmi, ma i lineamenti della roccia, come il disegno delle costellazioni, si sa bene quanto siano accomodanti nell'eternare l'abbaglio del primo che li battezza.Il moto convulso delle onde e il perenne velo di vapore sollevato dalle gocce infrante confondono la percezione delle distanze: i due scogli non stanno a guardia di un'impervia strettoia, come sembrerebbe. Tra quelle rocce c'è infatti spazio sufficiente a farci passare più di un gommone, ma quando il timoniere del raft urla ai rematori, avanti, avanti, destri e sinistri avanti! in mezzo al fragore della rapida, essi ricavano l'insopportabile impressione di andare a schiantarsi sulle pietre e l'istinto li fa ritrarre, estraggono la pagaia, s'accucciano sul fon- do dell'imbarcazione, mentre il raft miracolosamente passa indenne, plana sulla cresta bianca, scivola sui massi affioranti e ne asseconda le gobbe grazie all' aderenza sinuosa del fondo molle di caucciù, sgroppa sulla carovana d'onde del tratto ormai sgombro da ostacoli e a queI punto il timoniere caccia un urlo, tutti i rematori si riassettano, riprendono con fierezza il posto di voga sul bordo, alzano le pagaie, le picchiano di piatto sul- l'acqua, all'unisono, e rispondono all'urlo.Ma prima bisogna arrivarci, sulla rapida, basterebbe questo, arrivarci, anche girati: tra i due massi a volte si passa anche di poppa - la corrente che ti travolge è la stessa che ti fa sorvolare gli ostacoli - e noi invece ci capovolgemmo subito, ancora nella curva.Quando mi trovai in acqua, sotto il velo tremulo che diventa la pancia di un raft riverso, la gamba ancora prigioniera in una delle chiusure puntapiedi per non essere sbalzato fuori a ogni scossa, provai la sensazione che certo per tutti è la prima, davanti alla disgrazia, l'incredulità. Non avevo mai pensato seriamente che un gommone si potesse capovolgere su queI fiume che conoscevo benissimo, per quanto sapessi che qualche volta era successo. Non a me. Poi ancora pensai quello che pensano tutti - che fine cretina -, mentre il piede si sfilava dalla trappola senza che la mia mente partecipasse del gesto, e io uscivo da sotto al raft, abbandonavo al suo destino la pagaia che per nessuna ragione, come gli istruttori raccomandano prima di ogni discesa, avrei dovuto mollare, sentivo la corrente che mi afferrava e da allora le azioni non mi appartennero più. Forse i piedi li avevo pure messi bene in avanti, l'altra manovra di sicurezza obbligatoria, per ammortizzare l'impatto con le rocce, ma ogni percezione era offuscata dal morso di gelo che mi mozzò il respiro, mentre l'onda mi scagliava in alto per un istante e poi di colpo m'inabissava. Quando emergevo spalancavo la bocca, inghiottivo aria con uno spasmo, subito tornavo sotto, vedevo gli scogli venirmi incontro e non capii mai in che modo a un certo Punto li avessi oltrepassati.Ripresi coscienza dei miei gesti quando ricominciai a sentire il corpo e puntando i piedi in direzione della riva sassosa cercavo un approdo.Uscì un raggio di sole e mi accorsi che il greto - me lo ricordavo larghissimo in quel punto, un'abbacinante bianca sassaia su cui d'estate si potevano sentire le canoe trascinate con secca, polverosa eco, prima d'attingere la vena che ancora fresca vi fluiva in fondo - adesso era tutto sommerso. Sporgevano dall' acqua solo le pietre più grosse, la grande portata di primavera traboccava dappertutto: aveva steso come un velo, uno specchio di trasparenza inerte attorno ai massi e veloce sopra le pietre piatte, diramato in decine di rivoli, tanti piccoli torrenti che nei tratti più incassati del greto erano pro- fondi da spingere l'acqua fino alle cosce e formare una corrente ancora temibile. Avevo paura che a inciampare mi avrebbe trascinato un'altra volta nel fiume.Barcollavo su per la sponda, ogni tanto mettevo il piede in fallo, mi scoraggiavo, imprecavo come quando ci si sente presi di mira da qualche ostinato accanimento della sfortuna, e fu allora che vidi venirmi incontro, uno a uno, gli altri membri dell' equipaggio, frastornati come me, con l'espressione smarrita dei naufraghi che tuttavia, scampato il pericolo, presentono quanto possa essere esaltante trovarsi in mezzo al fluire delle acque di piogge e di ghiacciai, nel fragore della primavera, in quella nuova ebbrezza conquistata da colui che, meno danni ha riportato, più voglia gli verrà di farsene gloria. La gente che va in canoa ama raccontare storie di morti sui fiumi, ama celebrare le rapide dopo che le ha superate, e come si è comportato l'uno e come l'altro dei compagni di discesa, e come uno si è rovesciato e come l'altro ha corso lo stesso rischio però l'ha scampata. E su come ogni rapida vada presa, da che lato, con che stile, secondo quale traiettoria, è capace di parlare per ore, soprattutto a tavola, mangiando. In realtà è assai difficile trovare la morte in canoa, sui tratti che si fanno, a meno di non andarsela a cercare sui tratti che non si fanno, ma coloro che davvero ci provano sono anche quelli che parlano meno.La gente che va in canoa non è più monotona di altri che fanno altre cose. Forse capisce che condividere un' alea remota di morte ti lega più vistosamente che non spartirsi l'uniformità della vita.Forse quest' anno non ho coraggio.Dopo il Camaleonte, non c'è niente d'impegnativoalmeno per un chilometro: riccioli d'onde, raschiere, piccoli massi isolati, in un fluire d'acqua liscio e compatto, ma tutti noi adesso pagaiamo con il fiato sospeso e un senso di vuoto allo stomaco, deconcentrati, distratti. Succede che non ci accorgiamo della fronte emersa di un sasso, e lo squilibrio della canoa ci riporta alla realtà, finché il paesaggio si allarga, o forse è solo un'impressione, ma ci sembra che le quinte del fiume si aprano sull'ingresso di una primadonna, e allora sentiamo il muggito di Estasi, accostiamo alla riva destra, col cuore in gola, tiriamo in secca le canoe e, saltellando sulle rocce con le gambe malferme per l'emozione, andiamo a vedere.Perfino i timonieri dei raft accostano, atteggiano la voce a una serietà un po' di circostanza, per evidenziare come il momento sia grave, e dicono ragazzi, adesso c'è Estasi, mi raccomando, ora quando vi dico di pagaiare fatelo con tutta la forza che avete, perché stavolta dobbiamo entrare bene, belli dritti...Quando c'è piena, allora i timonieri si raccomandano,soprattutto con i primi due di prua, i più esposti: a un certo punto vi troverete di fronte un muro d'acqua, non vi spaventate, urlate, piantateci dentro la pagaia, tanto, dopo non capirete più niente, non dovete fare più niente, non preoccupatevi, niente può succedere...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie pavlov, il mio snc ti ringrazia!
lisina

Unknown ha detto...

Anke il mio snc ringrazia...
...ma ora chiede nuovo materiale per essere intasato!!! ;-P
A quando il prossimo sbrodolamento??? ihihi :-)

Dai scherzo...

Bacio
Tina