lunedì 26 maggio 2008

Jack London - LA SFIDA

Se vi state chiedendo chi sia Jack London, pensate a qualche titolo di libro letto da ragazzino (per chi non legge, gli stessi titoli ci sono anche in film).
Titoli come Zanna Bianca, Il richiamo della foresta….bellisimi , li ho ancora!

Il libro di cui voglio parlarvi, è costituito da tre brevi racconti. Unico filo conduttore, la boxe.
Furono scritti tra il 1904 e il 1913, periodo durante il quale London visse un’intensa passione per questa disciplina.
I protagonisti dei racconti, sono uomini in lotta con se stessi e con il proprio destino, piuttosto che con un avversario in carne ed ossa.
Uomini, positivi o negativi che siano, in cerca di una rivalsa sociale.
Direi assolutamente da leggere, questi racconti sono un piccolo capitolo della storia della letteratura americana.
Ecco un brevissimo assaggio de “Il MESSICANO” .Dei tre, il mio preferito, forse perché tocca un tema molto importante e serio, la rivoluzione.

P.S. Grazie Robbie! finalmente te lo posso restituire!!

…..«Sicuro che può, e in aggiunta darà a Ward un mucchio di grane. Non conosci quel ragazzo. lo sì. L'ho scoperto io. Non ha cotenna. E un demonio. E uno strambo diavolo a quattro, se qual- cuno dovesse chiedertelo. Farà star su dritto Ward con una dimostrazione di talento indigeno che farà star su dritti tutti voi altri. Non dico che batterà Ward, ma metterà in piedi un tale spettacolo che tutti voi riconoscerete che è uno che si farà.»«Benissimo.» Kelly si volse al suo segretario. «Dà uno squillo a Ward. Gli ho detto di farsi vedere se pensavo che ne valesse la pena. E proprio qui di fronte, allo Yellowstone, a mostrare il petto e a guadagnarsi popolarità.» Kelly si rigirò verso l'allenatore: «Bevi una cosa?».Roberts sorseggiò il suo whiskey con soda e si sbottonò. «Non ti ho mai raccontato come scoprii quel furfantello.
Fu un paio d'anni fa che si fece vedere alla palestra. Stavo preparando Prayne per il combattimento con Delaney.
Prayne è cattivo. Non ha un briciolo di pietà in allenamento. Aveva riempito di colpi il suo preparatore in modo piuttosto brutale e non riuscivo a trovare un ragazzo volenteroso che lavorasse con lui. Avevo notato questo piccolo messicano denutrito che si aggirava nei paraggi, ed ero disperato. Così lo afferrai, gli infilai a forza i guantoni e lo sbattei sul ring. Era duro e tosto come il cuoio, ma debole. E non sapeva neanche dove stava di casa il pugilato. Prayne lo fece a brandelli. Ma quello resistette per due round nauseanti, prima di crollare. Fame, era tutto lì. Riempito di botte? Non saresti riuscito a riconoscerlo. Gli detti mezzo dollaro e un pasto completo. Avresti dovuto vederlo mentre lo divorava. Non aveva mangiato un boccone da un paio di giorni. Prima e ultima volta che lo vedo, mi dico. Ma il giorno dopo si ripresenta, rigido e dolorante, pronto per un altro mezzo dollaro e un pasto completo. E migliorava col passare del tempo. Proprio un combattente nato, e duro che non ci si crede. Non ha sentimento. E un pezzo di ghiaccio. E non ha mai detto più di dieci parole in fila da quando lo conosco. Bada ai fatti e svolge il suo lavoro.»«L'ho visto», disse il segretario. «Ha lavorato un sacco per te.» «Tutti i grandi ragazzetti si sono allenati con lui», rispose Roberts. «E lui ha imparato da loro. Ne ho visti alcuni che poteva battere. Ma il suo ideale non era lì. Ho capito che il gioco non gli è mai piaciuto. Almeno così sembrava comportarsi.»«Negli ultimi mesi ha combattuto un po' contro i piccoli club»,disse Kelly. «Sicuro. Ma non so che gli è preso. Tutto all'improvviso gli è venuta voglia. Semplicemente è esploso fuori come un lampo e ha fatto pulizia di tutti i ragazzetti della zona. Sembrava che volesse i soldi, e ne ha vinti un po', anche se i suoi abiti non lo dimostrano. E particolare. Nessuno conosce gli affari suoi. Nessuno sa come passa il tempo. Anche quando è sul lavoro, pianta su e sparisce per la maggior parte di ogni giornata appena il lavoro è fatto. Talvolta semplicemente scompare per settimane intere. Ma non accetta consigli. Sarebbe una fortuna per chi riuscisse a ottenere il compito di amministrarlo, ma lui non lo prende in considerazione. E lo vedi tener duro sul denaro in contante quando si viene al contratto.».

Dean Karnazes- ULTRAMARATHON MAN

Una maratona.
42 km.
4200metri.
Più di 2 ore di sofferenza (per pochi campioni), dalle tre ore in su per il popolo tapascione (comunque ancora pochi).
Il pensiero di corre più 5 km non mi ha mai allettato, ho sempre guardato con ammirazione chiunque fosse riuscito a portare a termine una maratona, ma la persona di cui voglio parlare riesce a far passare in secondo piano anche le prestazioni degli ironman.
Un piccolo elenco delle sue prove:
Ha corso a 50° e a 40 sottozero. Nel deserto della Valle della Morte e al Polo Sud. Ha corso senza fermarsi per 400 chilometri, l'equivalente di dieci maratone……devo continuare?
Ok!
L’ultima impresa è stata correre 50 maratone in 50 stati differenti in 50 giorni consecutivi, concludendo con la maratona di New York con un tempo di 3h e 30’.
Pazzesco, o pazzo , non lo so. Non mi interessa e non lo voglio giudicare . Potrebbe essere un pazzo esibizionista masochista, o un semplice uomo che è riuscito a trovare il suo equilibrio mentale solamente massacrandosi di km(come si dice, le strade del sig….).Giudicate voi, leggetelo e fatevi un idea.
Lui si chiama Dean karnazes e il suo sito è http://www.ultramarathonman.com/flash/ , dateci anche solo un occhiata!

VI AVVIVSO, C'E' DA LEGGERE TANTO. METTERE L'INIZIO DEL LIBRO MI E' SEMBRATA LA COSA MIGLIORE. QUINDI CHI SI LAMENTA PER IL TROPPO SCRITTO SI BECCHERA' UN BEL VAFFA STEREOFONICO. GUARDATEVI ANCHE SOLO IL SUO SITO, NE VALE LA PENA.
BELLA!!!

Era quasi mezzanotte mentre correvo lungo la strada deserta indossando solo un paio di calzoncini, una canottiera e con un cellulare infilato nella tasca dello zaino. Erano trascorse diverse ore da quando avevo avuto l'ultimo contatto con l'umanità e l'aria della notte era calda e carica di silenzio. La luce della luna piena illuminava i filari di viti che costeggiavano la strada, li sentivo frusciare nella brezza. In quel momento, però, la bellezza del paesaggio non riusciva a distogliermi dal pensiero ossessivo del cibo: avevo una fame da lupi.Solo poco prima avevo ingurgitato un piatto di pasta al formaggio, un sacchetto grande di pretzel, due banane, una barretta proteica e un bignè al cioccolato. Ma erano passate tre ore. Avevo bisogno di maggiori quantità di cibo. E ne avevo bisogno subito.TI mio corpo ha una percentuale di grasso inferiore al 5 % ed è scolpito come quello di un pugile professionista, quindi non ho riserve alle quali attingere. La mia dieta è molto rigida: proteine nobili, grassi di qualità, non idrogenati, niente zucchero raffinato, solo carboidrati da metabolizzare lentamente... quella notte, però, dovevo infrangere le regole. Senza un massiccio apporto calorico - hamburger, patatine fritte,gelato, dolci e biscotti - il mio metabolismo si sarebbe fermato di botto, impedendomi di portare a termine la missione che mi ero prefissato.Avevo bisogno di una pizza, grande e ben condita. Ne avevo bisogno in quel preciso momento.TI problema era che nelle ore precedenti non avevo avuto la possibilità di trovare cibo. Correvo in direzione ovest attraversando la zona. più remota di Sonoma, ben al di fuori delle strade più frequentate e, a perdita d'occhio, non c'era nessun posto dove potessi sperare di procurarmi da mangiare. Continuavo ad allontanar- mi dalla civiltà fissando il display del cellulare: le tacchette continuavano inesorabilmente a diminuire, fino a quando non indicarono la totale assenza di campo. Ecco, ora ero tagliato fuori dal mondo. Era quasi mezzanotte ed ero famelico.L'aria della notte era secca e fresca e, a dispetto dei morsi della fame, riuscivo a godermi la tranquillità del- la zona. Era una parentesi di serenità in una vita altri- menti frenetica. In alcuni momenti ero incantato dalla luna piena che illuminava i fianchi delle colline.In altri, invece, ero ossessionato dall'idea di trovare un 7-Elevenl […] Quando raggiunsi la cima della collina notai che il cellulare aveva nuovamente campo, così composi il numero. TI segnale, tuttavia, era debole.«Round Table», rispose una voce giovane. In sottofondo si sentiva musica rock a tutto volume.«Devo ordinare una pizza.»«Cosa vuole? Vuole ordinare una pizza?»Quale altra ragione ci poteva essere per chiamare il numero delle consegne di Round Table? «SÌ, DEVO ORDINARE UNA PIZZA! HO ASSOLUTAMENTE BISOGNO DI UNA PIZZA!»«Ok, non ti scaldare. Non c'è bisogno di urlare.» «Scusa.»«Tranquillo. Lo so come sono irascibili le persone quando si tratta di pizza.» «Non sono irascibile, ho solo fame» dissi in tono molto irascibile. «Ok. Ok. Stai tranquillo. Ti porteremo la pizza più succulenta e ghiotta che hai mai immaginato. Sono il capo. Quale vuoi?» «Hawaiana, con doppia dose di formaggio, olive eprosciutto. Dimenticavo... anche di ananas.» «Tutto doppio? Ci butto tutto sopra. Che misuravuoi?» Era tutt' altro che facile rispondere a questa domanda. Non avevo la possibilità di portarmi dietro gli avanzi, ma se ne avessi ordinata poca avrei finito troppo presto il carburante e non sarei mai riuscito a raggiungere Marin prima dell' alba.«Quella grande per quante persone è?»«Cinque, con tutti quegli extra. Quanti siete?» «Sono da solo. Va bene quella grande.»«Cavolo, amico. Certo che ne hai di fame!»"Se solo sapessi quanta", pensai tra me e me. «Avete il dolce?»«Cheesecake alle ciliegie. È una bomba ne ho assaggiato uno prima.»«Ok. Dammene uno.»«Una fetta?» «No, uno intero.»«Ehi, amico, è storico!»«Quanto tempo pensi che ci voglia?»«Venti, trenta minuti. Hai fretta?»«Non proprio. Starò qui per un po'. Ho bisogno di saperlo solo per dirti dove incontrarci.»«Ok. Diciamo fra venticinque minuti.»«Ci vediamo all'intersezione fra la Highway 116 e la Arnold Drive.» . «Cosa? Proprio all' angolo?», chiese. «È un punto molto isolato. Di che colore è la tua auto?» «Non sono in macchina», risposi. «Ma mi riconoscerai subito. Sarò l'unico che corre.» «Corre?» Ci fu un breve attimo di silenzio. «Qualcuno ti sta inseguendo?»«No» dissi ridendo.«Ma è mezzanotte!», replicò.«Sì, è tardi. Ed ecco perché ho bisogno di una pizza. Sto morendo di fame.» «Ho capito.» Pausa lunga «È plausibile. Ti possoportare qual cos' altro?»«C'è uno Starbucks in città?»«Sì, ma è sicuramente chiuso a quest'ora. Però ho qui la mia riserva personale di chicchi. Ti faccio del caffè mentre cuoce la pizza. Tu continua a correre lungo la 116 e prima o poi ti trovo.»Dopo avergli dato il mio numero di cellulare e aver chiuso la comunicazione, chinai nuovamente la testa e continuai a correre, rituffandomi nell' oscurità. Se mi avesse raggiunto lungo la strada non avrei avuto alcunbisogno di aspettarlo all'incrocio, il che era un bene. Restare fermo nell' aria fresca della notte era un invito a nozze per i crampi. E i crampi possono essere molto debilitanti.Rimettendo a posto il cellulare nella tasca posteriore dello zaino, tirai fuori la foto di una bimba piccola. Anche se era intubata e se il suo corpicino era infilzato di aghi, il suo volto era vibrante. Eppure era malata. Anzi, a dirla tutta, era prossima alla morte e io mi ero imbarcato in questa corsa proprio per dare un contributo alla sua causa. Lanciai un ultimo sguardo alla foto e la riposi con cura.Esattamente venticinque minuti dopo, un camioncino arrugginito correva a tutta birra lungo la strada. Al volante c'era proprio il giovane capo. .«Ehi! Amico!», urlò balzando fuori dall'auto. «Sei pazzo. È spaventoso!»Estrasse la pizza dal sedile del passeggero e aprì la scatola. La pizza era un'opera d'arte: alta almeno quanto era larga, con in cima una montagna di ananas e di olive. Sembrava in grado di sfamare un rinoceronte. Pagai il conto, lo ringraziai e mi preparai ad attaccarla.«Continui a correre?» chiese. «Vuoi uno strappo?» «Ora che ho il carburante», risposi tenendo bene in vista il cibo, «ne faccio buon uso.»«Ma fin dove devi arrivare?»«Sono diretto alla spiaggia», dissi.«La spiaggia!», urlò. «Ehi, amico, ma Bodega Bay è ad almeno 30 miglia (50 km) da qui!» A dirla tutta ero diretto alla spiaggia di Santa Cruz, a oltre 150 miglia (240 km) da lì, ma penso che né io, né lui fossimo preparati ad affrontare quella realtà.«Non penso che sia umanamente possibile correre per 50 chilometri» disse annaspando. «Sei come Carl Lewis, o qualcosa. del genere?»«In un certo senso», risposi. «Sono come Carl Lewis, ma più lento.»«Dove dormi?»«Non dormo.»«Corri per tutta la notte? Ma è follia pura. Mi pia- ce!» Risalì sul furgoncino. «Non vedo l'ora di raccontarlo ai ragazzi giù al negozio.» E ripartì a tutta birra. Mi piaceva quel tipo. La maggior parte delle perso- ne che non corre ritiene questo sport noioso, se non peggio: doloroso e del tutto inutile. Lui, invece, sembrava sinceramente interessato alla mia impresa. Avevamo trovato un punto di contatto quasi primitivo, anche se non mi dava l'idea che avrebbe iniziato a praticare questo sport nell'immediato futuro.Con il cheesecake posato sopra la pizza, ripresi a correre e a mangiare. Nel corso degli anni avevo perfezionato l'arte di mangiare in movimento. Con una mano tenevo in equilibrio la scatola di pizza e il cheesecake, e con l'altra mangiavo. Era un eccellente allenamento per la parte superiore del corpo. Fortunatamente i miei avambracci erano ben sviluppati e non avevano problemi a sostenere il peso in più. Per maggiore efficienza arrotolai insieme quattro pezzi di pizza, come fosse stato un enorme burrito: così erano anche più facili da addentare.Proprio mentre stavo finendo la prima portata riconobbi la marmitta del camioncino in avvicinamento - era decisamente andata. li tizio aveva dimenticato di darmi il caffè. Riempimmo con la bevanda scura una delle mie bottigliette di acqua e bevvi il resto. Quandomisi mano alla tasca, lui rifiutò il pagamento e, mentre stava per andare via, il giovane sporse fuori la testa dal finestrino e mi chiese: «Ehi, amico, ti dispiace se ti chiedo perché lo fai?».Da dove avrei potuto cominciare? «Amico», gli risposi, «ne riparleremo. È una lunga storia.»Ed ecco che è arrivato il momento di analizzare questa domanda. Milioni di persone corrono. Lo fan- no come esercizio fisico, per tenere sotto controllo il proprio sistema cardio-vascolare, per la produzione di endorfina, definita anche "l'essenza del piacere" o "l'oppio naturale del corpo"; Nel 2003 un numero record di persone ha completato una delle numerose maratone del paese: ben 460.000, spingendo i limiti della propria resistenza per terminare i 42 chilometri del percorso.Esiste poi uno zoccolo duro di adepti, una sorta di gruppo underground di maratoneti, che vengono chiamati gli "ultramaratoneti". Per noi una maratona è solo un esercizio di riscaldamento. Facciamo gare da 50-100 miglia (80-160 chilometri). Corriamo per 24 ore e più senza concederci nemmeno una pausa per dormire, fermandoci il minimo indispensabile per mangiare e bere e per espletare i bisogni fisiologici. Saliamo e scendiamo di corsa dalle montagne, attraversiamo la Valle della Morte in piena estate, corriamo al Polo Sud. Spingiamo corpo, spirito e mente ben al di là di quelli che la maggior parte degli esseri umani considererebbe i limiti del dolore e dello sforzo.Sono uno dei pochi che ha corso più di 100 miglia senza riposarsi, il che suppongo faccia di me un ultra- maratoneta. O solo un pazzo. Ogni volta che le persone sentono che ho corso per 160 chilometri in una so- la volta fanno sempre, inevitabilmente, due domande. La prima è: «Come fai?». La seconda, alla quale è ben più difficile rispondere, è la stessa che mi ha fatto l'uomo della pizza: «Perché lo fai?».È un' ottima domanda, anche se è difficile definire una forma di dipendenza. Quando, ad esempio, chiesero a George Mallory perché voleva essere il primo uomo a scalare il monte Everest, lui rispose con la fra- se laconica, passata poi alla storia: «Perché è lì». Ed è sembrata una risposta talmente soddisfacente, da diventare un famoso adagio. Ma, a dire il vero, questa non è affatto una risposta.Quando la gente mi chiede perché corro notti intere, coprendo distanze così lunghe, spesso sono stato tentato di rispondere semplicemente: «Perché ci riesco». Gli atleti non sempre sono famosi per le loro capacità introspettive. Ma questa risposta è decisamente incompleta. Non soddisfa nemmeno me. lo ho le mie domande.Da cosa sto correndo?Per chi sto correndo?Verso cosa sto correndo?Ogni maratoneta ha la sua storia. Questa è la mia.